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Parliamo di ChatGPT: cos’è e perché dovreste saperne di più?

Macchine senzienti o pappagalli meccanici?

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Negli ultimi mesi il tema dell’intelligenza artificiale è stato al centro dei dibattiti online. Personalmente ho iniziato a notarlo su Instagram, quando gli artisti hanno iniziato a firmare petizioni e a pubblicare appelli contro l’uso dell’IA nel campo dell’arte e del design, chiedendo che la “vera arte” e gli artisti vengano protetti dall’essere derubati da questi modelli.

Ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire cos’è esattamente ChatGPT e come funziona?

ChatGPT (e altri simili chatbot alimentati dall’intelligenza artificiale) è un modello di apprendimento automatico che utilizza tecniche di deep learning per generare un testo dal suono “naturale”. Queste macchine vengono addestrate dagli esseri umani e da altre macchine utilizzando un enorme dataset di linguaggio umano. L’accesso alle parole e al loro “significato”, nonché l’addestramento a riconoscere il contesto in cui le parole appaiono in una conversazione umana, consentono a questi chatbot di rispondere in modo organico a un’ampia gamma di argomenti, richieste e domande.

Abbiamo tutti avuto a che fare con bot simili nella nostra vita, molto prima che ChatGPT facesse notizia. Per lo più li ho incontrati nelle chat di assistenza clienti di siti web come Amazon o di food delivery, dove le aziende “impiegano” questi bot per gestire i problemi più semplici che i clienti possono incontrare, prima di reindirizzarli a un umano.

Ma la tecnologia di ChatGPT non è solo per i chatbot di assistenza clienti. Può essere utilizzata virtualmente in qualsiasi campo che abbia a che fare con le informazioni scritte. Traduzioni, programmazione, ricerca, analisi del testo e persino creazione di contenuti sono compiti che possono essere svolti (con più o meno successo) da ChatGPT. In passato l’ho usato per fare brainstorming di idee e, che ci crediate o no, per generare oroscopi per i miei amici. Le idee per il brainstorming sono venute bene, gli oroscopi… un po’ meno.

La mia “nicchia” di copywriter e artista a tempo perso mi ha portato a seguire il dibattito sulla chatGPT con particolare attenzione al suo impatto sulle “belle arti” e sugli aspetti creativi. Esistono molti modi creativi in cui le persone hanno utilizzato ChatGPT o modelli simili, come ad esempio:

  • Scrivere poesie o musica
  • Generare testi e creare il layout di libri e opuscoli
  • Generare illustrazioni e immagini
  • Creare contenuti come post di blog, articoli e testi

Questi sono solo alcuni esempi e, con l’avanzare della tecnologia, è probabile che le persone e le aziende escogitino ancora più modi per sperimentarla.

Ma come si svilupperanno queste tecnologie? Quali sono i loro limiti e quali sono i possibili rischi che potremmo incontrare nell’utilizzo di testi generati dall’intelligenza artificiale?

Come copywriter la domanda che mi pongo al momento è: i chatbot mi ruberanno il lavoro? E corriamo il rischio di vedere automatizzate molte carriere creative, invece di quelle che richiedono manodopera pesante?

Ho posto la stessa domanda a ChatGPT e questa, in breve, è stata la risposta:

“Sebbene abbia il potenziale per automatizzare i compiti svolti dagli esseri umani, è improbabile che sostituisca completamente la necessità di lavoratori umani. Tuttavia, è importante notare che ChatGPT non è in grado di replicare l’intera gamma di competenze e abilità che i lavoratori umani possiedono. Ad esempio, non ha la capacità di comprendere il contesto, le emozioni e le sfumature del linguaggio che i lavoratori umani possiedono.”

Mi sembra che la sua risposta sia un po’ sulla difensiva, ma chi sono io per giudicare?
Mark, un uomo di Christchurch, ha recentemente chiesto a chatGPT di scrivere una canzone nello stile di Nick Cave e l’ha poi inoltrata all’artista chiedendo il suo feedback. “Una grottesca presa in giro di ciò che significa essere umani”, è stata la sua risposta dopo aver letto il testo della “sua” canzone. La poesia e le canzoni generate dall’intelligenza artificiale, l’arte “saranno sempre una replica, una sorta di burlesque” di ciò che significa provare la sofferenza, il dolore e le emozioni umane.

Anima a parte, uno dei maggiori limiti di ChatGPT è la mancanza di una reale consapevolezza del contesto, in quanto manca la comprensione delle sfumature che si verificano sia nel linguaggio scritto che in quello parlato. Limite aggravato dal fatto che i chatbot alimentati dall’intelligenza artificiale, al momento, “conoscono” solo le informazioni che vengono loro “date in pasto” e la loro incapacità di generare o comprendere appieno le informazioni sul mondo potrebbe frenarne l’utilizzo. La mancanza di comprensione di un linguaggio ricco di sfumature da parte dei chatbot e il fatto che i dataset utilizzati da questi modelli spesso riflettono un “mondo distorto” potrebbero significare che se i dati su cui ChatGPT è stato addestrato presentavano pregiudizi, come stereotipi o linguaggio discriminatorio, è probabile che il testo che genererà possa presentare gli stessi pregiudizi.

Forse non molti ricordano Tay, acronimo di “Thinking About You”, un chatbot AI su Twitter lanciato dalla Microsoft nel marzo 2016. Il piano iniziale prevedeva di far interagire Tay con gli utenti e di studiare la sua interazione con gli esseri umani reali, osservando come, se e cosa sarebbe stata in grado di imparare da loro. L’esperimento è durato solo 16 ore, poiché Tay ha presto iniziato a imitare gli utenti e ha continuato per ore a vomitare contenuti offensivi e infiammatori su Twitter, provocando un’ondata di polemiche che ha costretto Microsoft a chiudere il programma. Tuttavia, anche in questo caso, ambasciator non porta pena: tutti i tweet che Tay ha scritto nel corso della sua breve vita sono stati introdotti nell’algoritmo da esseri umani reali. Questo per dire che, almeno per ora, il testo generato dai modelli di intelligenza artificiale dovrà sempre essere ricontrollato da un umano e successivamente corretto.

Non è ancora chiaro come i posti di lavoro e altri aspetti della nostra vita quotidiana saranno influenzati da queste nuove tecnologie in futuro. I più critici chiedono che gli sviluppatori e le aziende inizino a costruire un quadro comune di regole per ridurre al minimo i potenziali danni e gli aspetti negativi che potrebbero essere causati da questi modelli, un “Codice etico dell’IA”, se così si può dire.

Quando si parla di IA, sky is the limit, queste tecnologie in rapida evoluzione porteranno miglioramenti a vari settori e aspetti della nostra vita, e ritengo che possiamo godere di questa ondata di novità pur essendo cauti e vigili sulle nuove implicazioni etiche che potrebbero accompagnarle.

Laura Ghiretti
Gennaio 2023